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Intervista a Philippe Arfi, responsabile Goodman per il Sud Europa: sostenibilità e prossimità

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Ci eravamo lasciati nella primavera del 2018 con tanti obiettivi da raggiungere e un piano strategico per farlo: sviluppare il business in Italia facendo leva sulle opportunità aperte dall’eCommerce.

Oggi, a quasi due anni dall’approdo nel nostro Paese, Goodman ha mantenuto le promesse e sembra intenzionata a continuare la sua crescita.

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Incontriamo il responsabile dalla società per il Sud Europa, Philippe Arfi, nella sede milanese della società circa un mese dopo l’entrata in funzione del centro distributivo sviluppato per Amazon a Santarcangelo di Romagna: 7.000 mq di edificio tailor made, dotato di 4 baie di carico e un ampio range di caratteristiche sostenibili, tra cui illuminazione LED, pannelli solari, colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici e sistemi di misurazione intelligenti che permettono un costante controllo dei consumi.

La sfida della prossimità

La soddisfazione del manager parigino per il bel colpo segnato è tanta, come la voglia di proseguire nella strada intrapresa. “Attualmente siamo molto occupati nella ricerca della location giusta per nuovi sviluppi e nella gestione degli asset già esistenti ad Anagni (49.000 mq) a sud di Roma e a Cavezzo (13.000 mq) in provincia di Modena.

Tutti gli spazi sono già occupati ed è necessario prendersi cura dei clienti, ascoltare le loro esigenze e curare al massimo gli edifici” spiega Arfi che proprio nel business model “integrato” identifica la differenza, e il possibile vantaggio competitivo di Goodman – che è anche gestore degli investimenti con un approccio a lungo termine, attivo in Europa con due piattaforme di investimento per un patrimonio complessivo di 29,

8 miliardi di euro – rispetto ai competitors.

“Generalmente nel settore dal real estate ci sono investitori puri, sviluppatori e gestori degli immobili.

Noi siamo tutto questo e seguiamo ogni operazione internamente, con un team dedicato e formato allo scopo: in ogni Paese offriamo lo stesso set di servizi e siamo fermamente convinti che ci sia del valore aggiunto nel presidio diretto di tutta la catena dall’inizio, con la ricerca del lotto di terreno più promettente, fino alla gestione del building nel lungo periodo”.

Alla ricerca della location “giusta”

Ma quali caratteristiche deve avere una location per essere promettente?

“Crediamo che la location sia “giusta” quando offre un potenziale nell’arco di almeno 20 anni.

Noi costruiamo edifici per terze parti: la scommessa è quella di soddisfare i desideri degli utilizzatori nel lungo termine e siamo convinti che i nostri clienti avranno sempre più bisogno di location urbane.

I magazzini, nel futuro prossimo, dovranno essere più vicini alle città di quanto non lo siano oggi e questo perché, nel business model dei retailer, ma anche delle aziende produttive, il baricentro si sta spostando sempre più rapidamente dal commercio tradizionale all’eCommerce, dove la prossimità al cliente finale è un valore fondante”. In un contesto dominato dalla febbre degli acquisti omnichannel che spinge i logistic provider e i retailer a cercare basi distributive vicine ai clienti finali allo scopo di soddisfarne rapidamente le esigenze, chiediamo, sta quindi giungendo al termine l’era dei grandi parchi logistici costruiti in location isolate, benché ben collegate alla rete infrastrutturale?

“Non stiamo dicendo questo” ribatte Arfi confermando però che “non è questa la direzione in cui noi vogliamo andare”.

Partire da brown field

Una direzione che invece Goodman percorre già da tempo è quella della rigenerazione di aree industriali preesistenti: strada che non è esente da rischi e complessità.

“Decidere di lavorare a partire da brown field porta con sé alcune problematiche” sottolinea Arfi.

“A differenza dei progetti sviluppati a partire da “prato verde” è necessario gestire eventuali bonifiche e aspetti legati all’inquinamento, oltre che maggiori complessità tecniche: spesso è necessario lavorare in spazi stretti, in prossimità o addirittura all’interno delle città, magari vicino ad aree residenziali.

Ma il gioco vale la candela poiché i vantaggi sono interessanti: in primis in questo modo non si consumano aree agricole, il che è un bene non solo per la società ma anche il pianeta, e, aspetto rilevante soprattutto nel contesto italiano, le zone industriali non presentano i problemi legati agli oneri di urbanizzazione essendo già destinate ad uso produttivo.

Questo semplifica di molto l’iter burocratico e il rapporto con le amministrazioni sempre più restie a intaccare le zone agricole”.

Progettare in modo intelligente

La sfida vera è allora quella di riprogettare e sviluppare in modo intelligente i siti: “questo è il nostro business” conferma Arfi, “lo facciamo in tutto il mondo e cercheremo di farlo sempre di più perché è un modus operandi che consente un approccio più sobrio alla nostra attività, permettendo di sfruttare quello che già abbiamo senza intaccare spazi nuovi.

Nei nostri team abbiamo specifiche expertise per questo, anche in Italia, dove la squadra di lavoro, attualmente composta da quattro risorse, me compreso, è destinata a crescere”.

Alice Borsani

Estratto dell’articolo pubblicato sul numero di dicembre 2019 de Il Giornale della Logistica


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