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Lo stato di salute del comparto cargo ferroviario

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Il comparto del trasporto ferroviario cargo in Europa si caratterizza per un processo di progressiva liberalizzazione avviato in pratica agli inizi degli anni 2000, dove la quota modale della ferrovia negli ultimi 20 anni è rimasta circa al 20%. Sono state recepite le direttive comunitarie in materia di apertura del mercato ferroviario alla concorrenza, anche se rimangono alcuni limiti di natura infrastrutturale, organizzativa, tecnologica e di accesso alle infrastrutture nodali terrestri e portuali. In Italia, accanto alle ex imprese di bandiera hanno avviato l’operatività una ventina di imprese che hanno conquistato oltre il 60% del mercato, adottando un nuovo approccio commerciale ed operativo orientato da un lato alla fornitura di servizi secondo una logica “door to door” o in alternativa alla gestione della pura trazione.

Cosa occorre per integrare il mercato ferroviario europeo

Un libero mercato europeo del trasporto ferroviario ancora non esiste, il tema quindi è come integrarlo, superando una serie di limiti e colli di bottiglia infrastrutturali della rete (in termini di peso assiale, lunghezza e peso massimo trainabile  dei convogli), la molteplicità di lingue, la necessità di un cambio continuo a livello tecnologico tra i vari Paesi, una regolazione economica distinta per ogni Paese comunitario, pedaggi ferroviari e diritto di accesso all’infrastruttura e agli impianti di servizio, la necessità  di garantire l’accesso nelle piattaforme portuali e logistiche a tutti gli operatori (anche solo per servizio di manovra in autoproduzione), la necessità di una maggiore integrazione con il trasporto stradale nell’ultimo miglio e una scarsa presenza di nodi logistici (in Europa sono stati censiti 520 terminal).

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Secondo FerCargo, l’associazione che raggruppa 19 imprese ferroviarie in Italia, per  integrare davvero il mercato cargo ferroviario sono necessari una serie di interventi come: il superamento della iper-regolazione senza intaccare il tema della sicurezza, nella vigilanza e nel controllo dei servizi di trazione; la proposta di concentrare in un unico punto le decisioni, con la creazione di una sola Autorità europea di controllo e dove la Commissione Europea regoli i servizi ferroviari come negli altri mercati liberalizzati. Inoltre, solo in Italia, unico Paese della UE, resiste ancora l’obbligo del doppio macchinista, con l’effetto di raddoppiare il costo del lavoro e una disparità di trattamento sulle merci pericolose con il trasporto stradale e il mantenimento delle misure e degli incentivi che in questi anni hanno sostenuto il cargo ferroviario, garantendone lo sviluppo, come il Ferrobonus (incentivo per trasportare la merce sui treni), lo sconto sui pedaggi da parte di R.F.I. alle imprese ferroviarie (ad esempio in Francia dopo la pandemia sono stati aboliti i pedaggi sulla rete) e contributi per la formazione dei macchinisti.

Il punto di vista dei professionisti del settore

Per fare il punto sullo stato e caratterizzazione del mercato ferroviario cargo europeo, stato dell’interoperabilità sulle reti estere e modelli adottati nella fornitura dei servizi, abbiamo raccolto il punto di vista di Martin Ausserdorfer, AD di Rail Traction Company (in sigla RTC), di Guido Porta, CEO di InRail, e di Marco Terranova, membro del Board di SBB Cargo International e AD di SBB Cargo Italia.

Per rompere il ghiaccio siamo partiti da una domanda per leggere al meglio il contesto, ossia come questi professionisti giudicano l’andamento del mercato ferroviario cargo a livello di volumi di traffico e costi di produzione.

Martin Ausserdorfer, AD di RTC – Rail Traction Company

“I volumi di traffico ferroviario gestiti da RTC hanno registrato un calo a partire dal secondo semestre del 2022, inizialmente per gli effetti energetici e geopolitici conseguenti alla guerra in Ucraina e più recentemente a causa della recessione in Germania, che è il Paese col quale scambiamo il 90% dei traffici”, ha iniziato a spiegare Martin Ausserdorfer, AD di RTC. “Ora, dal lato della domanda di trasporto vediamo una certa stabilità, ma lato costi di produzione la situazione non è particolarmente favorevole, sia per il costo dell’energia e sia per la situazione delle infrastrutture europee. Il crescente numero di cantieri sulle linee in Italia e all’estero provoca interruzioni e deviazioni che, a parità di treni gestiti, provocano un extra utilizzo di risorse produttive. Nell’attuale situazione di mercato, con una concorrenza della strada sempre molto forte, non è pensabile ribaltare ai clienti tali extra costi”.

Guido Porta, CEO di InRail

Condivide le sfide che il comparto sta vivendo anche Guido Porta, CEO di InRail: “l’andamento del traffico ferroviario merci in Italia nel 2022/23 ha mantenuto una sostanziale stabilità sia nei volumi che nella quota modale (pari a circa il 12%). Il settore negli ultimi anni ha dovuto fronteggiare il combinato disposto di due fattori: la riduzione della domanda legata alla contrazione del mercato a seguito di eventi straordinari (pandemia, crisi geopolitica mondiale, anormali fenomeni metereologici) e l’impennata nei costi produttivi legati alla crisi energetica ed ai rincari generalizzati della produzione. Questa condizione ha determinato una precarietà nella fidelizzazione dei clienti, caratterizzati da un approccio sempre più “cost-oriented”, esponendo le imprese a una doppia concorrenza, sia con altre modalità di trasporto, che con le altre imprese competitors”.

Marco Terranova, membro del Board di SBB Cargo International e AD di SBB Cargo Italia

È quindi il turno di Marco Terranova, membro del Board di SBB Cargo International e AD di SBB Cargo Italia di sintetizzare il proprio punto di vista: “stiamo vivendo una fase di mercato complicata, la congiuntura economica non ci spinge verso la crescita dei volumi trasportati e, abbiamo diversi problemi infrastrutturali che rendono ancora più difficile la situazione: i tunnel ferroviari che ci collegano alla Francia e al nord Europa o sono completamente chiusi (Frejus) o soffrono di gravi limitazioni di capacità (Gottardo) e rimarranno in questo stato almeno fino a settembre 2024. I cantieri in Italia e su tutte le principali linee internazionali generano ulteriori difficoltà operative e maggiori costi. Il caro energia e la evidente attenzione della politica alle esigenze dell’autotrasporto, e non a quelle del trasporto merci su ferro, completano il panorama. In questa situazione dobbiamo impegnarci moltissimo per scongiurare che i clienti percepiscano il mezzo ferroviario come fragile e problematico, offrendo soluzioni produttive alternative e ancora maggiore flessibilità operativa. Unica nota positiva, traguardando gli obiettivi EU di trasferimento modale, è la volontà del MIT di rendere finalmente possibile anche in Italia il modulo di condotta ad agente unico, e per questa iniziativa va il massimo sostegno al viceministro Rixi”.

Paolo Sartor

Estratto dell’articolo pubblicato completo sul numero di Gennaio/Febbraio 2024 de Il Giornale della Logistica


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