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Quattro chiacchiere con… Antonio Rizzi – Università di Parma: la tecnologia trova la sua voce

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L’Industry 4.0 ha innescato un cambiamento rapido quanto radicale e tecnologie come l’IoT sono protagoniste di questa trasformazione. E sono gli oggetti stessi a raccontare l’innovazione in atto

Ogni anno, grazie all’RFID, 20 miliardi di oggetti “parlano”: chi è in ascolto?

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Gli stakeholder, ossia tutti gli attori che interagiscono lungo la supply chain, fino al consumatore finale. Questo perché i dati raccolti rappresentano per le aziende uno strumento prezioso per verificare e creare valore nei propri processi. Per i consumatori si apre un mondo di possibilità per conoscere al meglio la storia dei prodotti e ciò può essere fatto con strumenti quotidiani.

 Tipo?

Già oggi con un semplice smartphone dotato di lettore NFC è possibile interagire con gli oggetti che ci circondano. In un futuro prossimo gli stessi smartphone potranno essere dotati di lettore di tag UHF RAIN per interagire con i prodotti. Potenzialmente, tutte le apparecchiature di casa potranno acquisire intelligenza e dialogare tra loro e con chi le utilizza, dando vita ad un ecosistema informativo.

 Parliamo di un furo lontano?

Tutt’altro, direi prossimo. Ad oggi alcuni settori sono più avanti di altri, ma la direzione è tracciata e le potenzialità sono tali e tante che lo sviluppo sarà molto rapido.

Le tecnologie autoid hanno stanno prendendo sempre più piede. In ambito fashion, per esempio, si è raggiunto un livello di penetrazione della tecnologia RFID superiore al 15-20%.  Il largo consumo è un altro settore di grande potenzialità in questo campo.

Più in generale, se analizziamo la Curva di Rogers…

Faccia conto di essere davanti ai suoi studenti…

La Curva di Rogers – detta anche Curva dell’Innovazione – è un modello utile per analizzare il livello di adozione di una determinata innovazione da parte di diverse categorie di un sistema sociale: gli innovatori, gli early adopter, la maggioranza iniziale e tardiva e i ritardatari. Quando si arriva al 50% la tecnologia è matura. Il livello di adozione è in continua crescita, e il mercato potenziale è enorme. Stiamo solo grattando la superficie.

Può farci qualche esempio?

Per quanto riguarda l’RFID possiamo constatare che ci sono settori, come il tessile e abbigliamento in cui ci sono già stati gli innovators – mi vengono in mente Wal Mart, Macy’s, M&S, in Italia Diffusione Tessile, e gli early adopters, Dechatlon, Zara, Uniqlo, Luxottica. Oggi siamo abbondantemente entrati nella fase della early majority, quelli che implementno dopo che altri hanno dimostrato benefici consistenti. L’adozione dell’RFID nel mondo della moda è ormai diventata esperienza quotidiana sia nell’alta moda che nel fast fashion. Stiamo parlando di un mercato potenziale di 80-100 miliardi di oggetti all’anno da connettere a internet.

…E nel largo consumo?

In ambito largo consumo siamo ancora agli albori. In Italia siamo sulla frontiera. Si pensi, per esempio, a quanto realizzato da Esselunga con il suo nuovo progetto La Esse. Un innovativo concept store che ha unito all’estetica del classico negozio di quartiere un alto contenuto tecnologico per ottenere un’esperienza d’acquisto smart. Il pdv, infatti, ha eliminato la barriera casse dotando tutti gli articoli commercializzati di tag RFID. Anche i prodotti sfusi vengono taggati grazie a bilance intelligenti basate sulla medesima tecnologia, così da ottenere un flusso di informazioni uniforme.

Altre esperienze?

Parallelamente, negli USA, Amazon sta sviluppato punti vendita privi di barriera casse basandosi sulla visione artificiale e il machine learning. Amazon Go, infatti, è un negozio fisico senza casse, in grado di riconoscere in automatico il consumatore e i prodotti prelevati, così da assicurare una customer experience molto fluida Si tratta di due differenti approcci che evidenziano entrambi quanto le tecnologie 4.0 siano mature oggi.

E neppure in Giappone stanno a guardare

Cioè?

In Giappone a essersi impegnato su questo fronte è stato il Governo stesso. Il Ministero dell’Economia e dell’Industria, infatti, ha promosso un progetto nel largo consumo, per sviluppare entro il 2025 tag RFID a basso costo (frazioni di centesimo) con cui identificare ogni singolo item e automatizzare i convenience store di prodotti alimentari e di prima necessità: konbini. Una rete commerciale che comprende oltre 55mila negozi che così sfrutteranno appieno la tecnologia RFID, senza gravarsi dei CAPEX connessi con il modello Amazon Go.

Fashion, largo consumo… quali altri ambiti sono interessati?

Il mercato potenziale della tecnologia RFID è enorme: si ipotizzano trilioni di oggetti (un miliardo di miliardi) potenzialmente collegabili all’internet degli oggetti attraverso i tag RFID

Potenzialmente tutti i settori possono essere interessati. Si pensi a quanto può essere realizzato per la tracciatura lungo la supply chain agroalimentare o in quella farmaceutica.

I vantaggi maggiori, infatti, si possono raccogliere quando l’azione è di filiera. Si pensi a quanto realizzato da Bayer in collaborazione con la propria rete distributiva. Bayer, insieme al partner tecnologico Murata ID Solutions, ha messo a punto una soluzione per il tracciamento RFID lungo l’intera supply chain. Un progetto innovativo in ambito pharma che abilita la visibilità in tempo reale di tutti i processi di distribuzione, così da ottimizzare sicurezza, tracciabilità e certificazione della chain of custody, a tutto vantaggio dell’efficienza lungo la filiera e del servizio ai clienti finali.

Possiamo quindi affermare che l’RFID sia una tecnologia basata sulla collaborazione?

È certamente nella condivisione che ciascun dato sviluppa maggior valore. Per certe filiere l’adozione di questa tecnologia è stata più semplice. Nel comparto tessile, per esempio, si tratta spesso di una filiera chiusa dove la produzione è responsabile anche della distribuzione e della vendita. Nei sistemi aperti l’integrazione è più sfidante, ma i benefici sono ancora maggiori.

È indispensabile diffondere e far crescere la cultura per poter ottenere importanti vantaggi a livello sistemico.

Com’è nato il suo interesse per l’IoT?

Il tutto è iniziato all’inizio degli anni 2000. A quel tempo facevo ricerca presso l’Università di Parma sulla logistica e il supply chain management, ricordo mi occupavo all’epoca in particolare di tracciabilità alimentare, erano i tempi del regolamento 178/2002e le aziende chiedevano risposte concrete su come ottenere la raccolta e la trasmissione delle informazioni necessarie. In quegli stessi anni mi sono imbattuto negli studi di un gruppo di ricercatori, gli Auto Id centers, che all’MIT stavano progettando l’internet degli oggetti. Un mondo parallelo all’internet delle persone in cui gli oggetti prendevano vita grazie ad un tag RFID. Un tag in grado di identificare ogni singolo oggetto, con cui comunicare in maniera automatica e in tempo reale la sua posizione nella supply chain, e internet come strumento per condividere queste informazioni tra tutti gli stake holders. Per me che facevo ricerca sulla tracciabilità, su come migliorare i processi di supply chain, e su come ridurre le scorte e gli sprechi attraverso la collaborazione, la trasparenza e la condivisione dell’informazione è stata una folgorazione.

E così le “cose” hanno iniziato a parlare ed è nato l’RFID Lab Università di Parma

Il primo passo, però, è stato ottenere l’autorizzazione all’utilizzo in deroga delle frequenze UHF da parte del Ministero delle Telecomunicazioni perché a quel tempo erano riservate ad uso esclusivamente militare. Siamo stati i primi in Italia, e da lì è partita la nostra storia.

L’ambito alimentare è stato il primo campo di indagine del Laboratorio. Quando è nato, circa 15 anni fa, abbiamo infatti avviato il board of advisors FMCG, un gruppo 20 aziende del largo consumo-  manufacturer 3PL e retailer che per 10 anni hano fatto ricerca insieme a noi. Ci hanno detto di cosa occuparci, quali progetti avviare, hanno partecipato ai progetti e hanno condiviso i risultati. Una esperienza entusiasmante di trasferimento tecnologico. Subito dopo ne abbiamo avviato uno analogo nella moda, che ha lavorato con una roadmap simile. Esplorare i benefici che la tecnologia RFID poteva generare nel settore del tessile e abbigliamento. Molti dei partecipanti a questa attività hanno poi sviluppato il loro progetto RFID con noi.

È davvero iniziata un’avventura

In questi primi 15 anni di lavoro l’attività è progredita, evolvendo in base alle nuove tecnologie a disposizione, aprendo nuovi orizzonti e ambiti di interesse, ma l’approccio alla ricerca è rimasto quello delle origini.

Il laboratorio, infatti, opera come punto di contatto tra gli stakeholders: end users, fornitori di tecnologia, e chi è in grado di fare ricerca, ossia l’università. Le aziende che scelgono di collaborare con noi si interrogano su come poter dare maggior valore ai propri processi scegliendo la strada dell’innovazione. Abbiamo lavorato concretizzando soluzioni e sviluppando competenze, ma soprattutto consolidando la consapevolezza delle numerose possibilità concretizzabili grazie allo sviluppo dell’IoT.

Insomma non ci si annoia mai

L’aspetto più stimolante di quest’ambito di ricerca risiede proprio nel fatto che più si procede e più il campo si amplia, le possibilità si moltiplicano, fino ad arrivare ad un mondo dove tutti gli oggetti sono interconnessi.

Un mondo 4.0?

Il 4.0 è già una realtà. Siamo nel mezzo di una rivoluzione industriale. È la quarta, quella che, a differenza delle altre tre, moltiplica le nostre capacità cognitive anziché quelle fisiche, ed apre perciò orizzonti finora inesplorati.

Una rivoluzione già avverata?

Più rapidamente prenderemo coscienza di questo e meglio potremo governare e sviluppare il processo in atto, acquisendo nuove leve di competitività. Per contro, più tempo perderemo, più rischieremo di subirne gli effetti e di esserne sopraffatti.

  • Luogo e data di nascita: Parma, 8 dicembre 1968. Oggi vive a Parma con la moglie e i suoi tre figli: Francesco, Tommaso e Giovanni
    Studi: Laureato in Ingegneria Meccanica e con un Ph.D. (dottorato di ricerca) in logistica. Oggi è Professore Ordinario all’Università di Parma dove insegna Supply Chain Management nel corso di laurea magistrale in ingegneria gestionale
    Attività professionale: Oltre ad essere professore universitario, è attualmente Vicepresidente di Murata id-solutions, un system integrator di sistemi RFID e IoT, spinoff dell’Università di Parma che ha fondato nel 2005. Murata Id-Solutions nel 2017 è stata acquista da Murata Manufacturing Corporation, multinazionale giapponese che opera nell’elettronica miniaturizzata e nelle tecnologie Iot
    Dal 2015 al 2018 è stato presidente del CdA di TEP, azienda partecipata da comune e provincia che eroga il servizio di trasporto pubblico locale sul nostro territorio. “Ho vissuto questa esperienza con lo spirito di servizio di mettere a disposizione della mia comunità competenze e tempo; ho imparato tanto e ne sono uscito arricchito professionalmente e come uomo”.
    Hobbies e passioni: Antonio Rizzi: “mi piace fare sport, in particolare gioco a tennis, pratico yoga e fitness, mi piace sciare e nuotare. Fino a 2 anni fa andavo in bici da corsa ma ahimè ho dovuto smettere, troppo pericoloso. Cerco di leggere 12 libri all’anno”
    Libro sul comodino: “I 5 libri che mi hanno cambiato la vita e che consiglio a tutti di leggere e rileggere: “Think and grow rich” di Napoleon Hill, “How to win friends” di Dale Carneige, “Leaders eat last” e “The infinite game” di Simon Sinek e “Give and Take” di Adam Grant”.

Francesca Saporiti

Estratto dell’articolo pubblicato sul numero di Dicembre 2020 de Il Giornale della Logistica


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