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Quattro chiacchiere con Federico Cabitza, docente di Interazione Uomo-Macchina presso l’UniMiB: non chiamatela intelligenza artificiale

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Si parla sempre più di AI anche nel campo della logistica: cosa ci possiamo aspettare?

Le applicazioni dell’intelligenza artificiale in questo e altri settori sono tantissime, ma io invito sempre a usare la definizione “informatica avanzata”. Questo perché il rischio di rimanere abbagliati da una certa comunicazione – che vuole far passare per intelligenza ciò che invece sembra intelligenza, ma non lo è – è molto concreto. Di AI si parla parecchio dal 2022, anno in cui è stato pubblicato il primo modello efficace di AI generativa, ChatGpt. In realtà, questa fama diffusa ha riguardato e riguarda solo un tipo di AI, cioè quella generativa, appunto. L’intelligenza artificiale, però, ha due anime.

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Quali sono queste due anime?

La prima è quella predittiva, cioè quella che produce etichette, classificazioni e categorie da applicare poi a fogli di calcolo. Il nome stesso rivela la sua natura: l’AI predittiva serve a prevedere il futuro sulla base dei dati e a profilare alcuni casi, trovando la via migliore per risolvere un problema organizzativo o decisionale. L’AI predittiva non è una novità per la logistica, che dagli anni Settanta utilizza algoritmi e percorsi per applicare l’informatica avanzata a problemi concreti.

E la seconda?

Tutt’altra cosa, invece, è l’AI generativa, che genera appunto contenuti. Non solo testuali: parliamo anche di grafici, immagini, report. Fatto questo distinguo, la domanda che dovrebbe porsi il mondo della logistica non è “Posso utilizzare l’AI?”, perché già la utilizza da tempo, ma: “Esistono nella logistica contenuti che è possibile delegare ad agenti computazionali?”. Anche le bolle, i report e i DDT sono contenuti: se l’AI generativa può crearli per noi, allora la risposta è sì. La distinzione tra le due anime deve essere ben chiara perché si prendano decisioni al riguardo.

Quindi l’AI è già ben presente e utilizzata nel comparto logistico?

Sì, e non solo in quello logistico. Sono molte le operations che utilizzano l’AI predittiva: tutte le operazioni che ottimizzano le rotte di consegna o le attività di previsione della domanda per la gestione delle scorte di magazzino potrebbero essere esempi validi. O ancora: l’ottimizzazione dei processi di movimentazione e di picking delle merci, il miglioramento della sicurezza e la riduzione dell’impatto ambientale. Il problema, come già detto, è la confusione tra AI generativa e AI predittiva: sono cose molto diverse, ridurle a un’unica entità aumenta i dubbi e le paure e, secondo me, ne ritarda l’applicazione concreta.

Quale dovrebbe essere, perciò, lo scopo finale dell’AI all’interno del settore della logistica?

Senz’altro la semplificazione del lavoro manageriale, oltre all’aumento dell’efficienza e dell’efficacia dei processi. L’AI dovrebbe, inoltre, sollevare le persone dagli obblighi documentali e amministrativi, aumentando la soddisfazione delle persone coinvolte nel lavoro e dando loro valore. Non è solo l’AI generativa ad essere cresciuta negli ultimi anni: anche l’AI predittiva è diventata estremamente più efficace grazie a una new wave degli strumenti a disposizione delle persone e delle aziende. Sarebbe interessante fare una survey nel settore della logistica per capire quali strumenti di AI predittiva stanno oggi aiutando gli operatori a prendere le decisioni.

Nel concreto, come è possibile applicare l’AI all’interno dei processi per dare valore alle risorse umane?

Il Regolamento europeo sull’AI, detto anche AI Act (Regolamento UE 2024/1689) dice chiaramente che l’AI deve essere un supporto al miglioramento del benessere umano: può esserlo, ad esempio, migliorando i processi aziendali. Per applicarla nel concreto bisogna chiedersi: qual è l’elemento di un processo del quale si ha la percezione che possa essere migliorato? Ovviamente, serve un’ottima conoscenza pregressa del dominio applicativo e dei processi del settore per poterne automatizzare degli elementi.

C’è la speranza che l’AI generativa venga applicata, in futuro, nel quotidiano anche nel settore della logistica per semplificare la produzione di alcuni documenti?

Il limite dell’AI generativa in questo momento è uno: richiede enormi capitali, e una mole enorme di dati. Può essere, quindi, utilizzata in tutta sicurezza solo da chi ha grossi budget. In Europa abbiamo solo la Mistral AI e la Aleph Alpha (le alternativa europee a ChatGpt) e quindi è necessario che vengano fatti degli accordi tra chi lavora sulla suite e il comparto logistico perché vengano messi a punto degli strumenti utili e sicuri. Lo scenario più credibile è questo, altrimenti…

Altrimenti?

Altrimenti bisogna guardare ai cosiddetti “silent cyborg”, cioè quegli impiegati intraprendenti o con un’infarinatura di AI che in qualsiasi settore – medico, logistico, bancario… – utilizzano le piattaforme di AI generativa senza dichiararlo all’azienda in cui lavorano. Fuori dalle procedure standard.

La presenza di silent cyborg nelle aziende è un bene o un male?

Dal punto di vista del benessere umano, potrei dire che è un bene: gli impiegati che utilizzano AI generativa lo fanno perché si rendono conto che lo strumento aumenta le loro potenzialità e riduce il tempo speso in attività poco gratificanti e ripetitive. Alla lunga, però, questo fenomeno potrebbe diventare problematico perché i dati inseriti per la generazione potrebbero non rispettare la proprietà intellettuale o la privacy. Gli strumenti come ChatGpt, infatti, sono erogati fuori dall’ambito europeo.

Ci sono altri problemi legati all’AI generativa sul fronte sicurezza e privacy?

Sì. L’uso di questi strumenti può contrastare il Regolamento europeo di cui sopra. Il regolamento dice, infatti, che chiunque utilizzi questi tool a scopo professionale diventa deployer, che ha obblighi nei confronti della legge. Non è solo il provider, cioè la piattaforma, a dover rispondere: è bene che si sappia. Il regolamento è, a tutti gli effetti, una legge. Inoltre, c’è il tema delle cosiddette “allucinazioni”. Spiego: gli strumenti di AI generativa non sono certificati per fornire sempre output affidabili. Se l’utente cerca una risposta dall’AI e ne ottiene una fattualmente scorretta e non la verifica oppure non la conosce, l’organizzazione o l’azienda si trova a lavorare su contenuti falsi. Anche in questo caso sarebbe interessante fare un sondaggio per capire se e quanti dipendenti nel settore logistico sono silent cyborg abbonati a ChatGpt o altri servizi simili.

Questo ha qualcosa a che vedere con l’automation bias?

Certamente. L’automation bias, o distorsione dell’automazione, è un fenomeno notevole nei contesti decisionali, cioè quando si usa l’AI per prendere decisioni migliori e più rapide. Cosa succede? Succede che il decisore tende troppo spesso a dare ragione alla macchina, uniformandosi ai suggerimenti in output, senza fare tutte quelle verifiche e quelle attività di controllo e ricerca che avrebbe invece fatto se non avesse potuto utilizzare quello strumento. Insomma, ci si sovra affida all’AI. Dal 2021 sono rappresentante CEI presso IEC per le attività di standardizzazione ISO dei processi di valutazione dei preset software dei dispositivi medici e dal 2016 collaboro con diversi ospedali (tra cui l’Istituto Ortopedico IRCCS Galeazzi di Milano, l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, il Buzzi di Milano e il Gaetano Pini di Milano). Lo dico come premessa di questa affermazione: nell’ambito medico gli errori decisionali dovuti all’automation bias sono dell’ordine del 5%. Non briciole.

  • Nome e cognome: Federico Cabitza
    Luogo e data di nascita: Milano, 18/04/1974
    Formazione: Nel 2001 si laurea in Ingegneria Informatica al Politecnico di Milano; nel 2007 acquisisce il titolo di dottore di ricerca (PhD) in Informatica presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
    Percorso professionale: Imprenditore prima e consulente poi dal 2000 al 2011, nel 2011 è assunto come Ricercatore a tempo indeterminato presso il Dipartimento di Informatica, Sistemistica e Comunicazione dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove diventa professore associato nel 2018. Nel 2023 prende l’abilitazione per professore di prima fascia in Informatica. È autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche e da diversi anni è annoverato nel top 2% mondiale degli scienziati pubblicato da Stanford.
    Hobby: Legge in contemporanea 5 o 6 libri, tutti della categoria saggistica. Amante della musica classica del 900.
    Punto di forza: Creatività e visione
    Tallone d’Achille: La burocrazia è la sua kriptonite

Camilla Garavaglia

Estratto dell’articolo pubblicato nel numero di Settembre 2024 de Il Giornale della Logistica


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